La nuova frontiera dell’ADV: Il Native Advertising

Il 27 Ottobre del 1994 ha segnato una nuova era nel campo digitale: Sulla versione online del mensile Hot Wired comparve un rettangolo di 468×60 pixel, di fatto il primo banner della storia

Questo preciso momento storico ha segnato indissolubilmente il destino di milioni e milioni di aziende e di marketers di tutto il mondo, oltre a quello dei consumatori, regalando al mercato digitale, quello che sarebbe diventato lo strumento più utilizzato per generare Lead.

I primi banner presentavano già allora molte pietre miliari del Display Advertising odierno, come un copy accattivante e la Call to action – fondamentali per il successo della campagna.

Nel corso degli anni il Display Advertising si è sviluppato notevolmente diventando un “must have” di ogni strategia di marketing, anche dato dal fatto che è stato l’unico modo possibile per fare della pubblicità online sino alla nascita della Search Advertising, del Social advertising e così via.

Nel corso del suo travagliato successo il Display Advertising non è stato esente, però, da qualche problema come ad esempio la nascita di estensioni come AdBlock e così via. Il pubblico, stanco di ricevere in continuazione messaggi pubblicitari non affini ai propri interessi, ha ricorso a rimedi estremi come quello citato in precedenza: ovvero avvalersi di strumenti che bloccassero in automatico tutti i contenuti pubblicitari rendendo nuovamente pulita e piacevole l’esperienza di navigazione.

Da tutti questi problemi come la mancanza di coerenza con il contesto, il numero elevato di banner e/o annunci, l’elevata frequenza dei contenuti a sfondo pubblicitario, hanno reso l’attenzione dell’utente sotto i minimi storici, rendendo vani o quasi gli sforzi di Marketers e Advertiser, abbassando conseguentemente e sensibilmente il CTR (Click-through rate).

Fu così che, nel 2011, si udì per la prima volta il termine “Native Monetization” in ottica di migliorare l’esperienza dell’utente sui principali canali di traffico quali Google, Facebook, Twitter e così via.

Nacque così, progressivamente, il concetto di Advertising Nativo ovvero dei messaggi pubblicitari che non solo non stonano a livello grafico (quindi ad esempio con colori sgargianti che risaltano l’occhio) ma anche coerenti con il contesto nel quale si trovano limitando i click a utenti realmente interessati e di conseguenza di estrema qualità: una vera e propria forma di banner “educato e gentile”.

Questo ha consentito ad Advertiser e Marketers, nel corso degli ultimi anni, di applicare strategie sempre più basate su concetti nativi, incrementando così i risultati e limitando i costi, in quanto il Native Advertising fa parte del ramo del Performance Marketing, ovvero tutte quelle strategie che vengono retribuite solo a risultato ottenuto: un altro grande passo nell’evoluzione del Digital Marketing.

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